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Il Saltarello

Area di diffusione
e stato di conservazione
Il saltarello è un'ampia famiglia di balli tradizionali di alcune regioni dell'Italia centrale (Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria e Molise). Solo pochi paesi, però, conservano oggi una tradizione viva ed autentica del ballo. Dagli anni '50 l'emigrazione verso i centri industriali del nord d'Italia ed europei, il consistente fenomeno di 'urbanizzazione verso la capitale ha spopolato molti paesi, privando questi sia di suonatori che di abili detentori del ballo locale; inoltre l'arrivo di nuove mode di ballo e il mutamento generale dei modelli di vita hanno rarefatto la pratica del vecchio saltarello.
La maggior parte dei repertori consiste in balli di coppia (non necessariamente uomo-donna), ma esistono forme più rare a quattro persone, in cerchio e processionali. Sul piano della struttura coreografica si ritrovano forme antiche mono-strutturate, ma il modello più ricorrente è quello a struttura bipartita o tripartita.

Un discorso a parte merita un particolare tipo di danza tradizionale in forma di contraddanza detta anche saltarello ed attestata sul versante adriatico di alcune regioni (Emilia e Romagna, Marche, Toscana e Veneto). Nonostante il nome (che si associa a quello di ballinsei e russiano), sembra piuttosto appartenere alla famiglia delle gighe dell'Italia centro-settentrionale, poiché si balla in sei (3+3) a schiere contrapposte.

Cenni storici
«La saltatio era un genere autoctono di ballo dei latini, di gran lunga il ballo più diffuso sin dai primi secoli di Roma, [...] tanto che ben presto nella lingua latina saltationes e saltare hanno ampliato il loro campo semantico sino a significare in genere "balli" e "ballare". Mentre le choreae erano danze di gruppo ,di struttura circolare dall'andamento più grave e cadenzato, eseguite al suono di cantilene che gli stessi danzatori cantavano durante il ballo, le saltationes sembrano essere state fino a tutto l'alto medioevo delle danze di carattere più vivace, eseguite con varie combinazioni di ballerini e con elementi di evidente espressività erotica, tanto che non pochi interventi della chiesa in epoca tardo-imperiale e medievale hanno cercato di contenere l'uso delle saltationes durante le feste e durante gli stessi rituali liturgici. Il termine "saltarello" sembrerebbe dunque derivare etimologicamente dalla saltatio latina, ma la scarsità di fonti scritte e figurative certe non ci permette una ricostruzione storico-morfologica del ballo e del suo uso popolare dalla latinità ai nostri giorni.
Nel XIV sec. troviamo già una trascrizione musicale di saltarello (depositata al British Museum di Londra). Infatti un enigma storico ancora da chiarire sta proprio nel fatto che la maggior parte delle citazioni parlano di una danza aristocratica, divenuta persino modello-componente con cui si strutturano molte danze rinascimentali. Nel 1465 il Cornazano lo indica come "balo da villa" molto frequente fra gli italiani. Tra il XIV e il XVII sec. il saltarello è uno dei quattro modi basilari della danza di corte italiana (bassadanza, saltarello, quaternaria, piva): gli ambienti aristocratici erano soliti ispirarsi ai balli popolari, per effettuare poi trasposizioni in stile aulico di musiche e coreografie. Tra il XVII e il XVIII compare nelle fonti documentarie anche il saltarello popolare nell'Italia centrale e settentrionale. Nel XVIII e XIX sec. si è sviluppata per mano di numerosi artisti italiani e stranieri una ricca iconografia con scene di saltarello.

Purtroppo le fonti letterarie oggi note non ci permettono di identificare una qualche forma dei saltarelli popolari rinascimentali, anzi si nota l'incongruenza fra le aree di diffusione del saltarello quattro-cinquecentesco prevalentemente attestato nelle corti dell'Italia centro-settentrionale e la diffusione degli ultimi due secoli delle versioni folkloriche in area centrale. Molti sono dunque i nodi da sciogliere sul piano storico.

Nel XVIII e XIX sec. si è sviluppata per mano di numerosi artisti italiani e stranieri una ricca iconografia con scene di saltarello, osservate da viaggiatori e artisti, la cui descrizione tende però a dare più l'interpretazione del ballo secondo l'artista, che i modi obiettivi ed affidabili del ballare secondo tradizione.

Morfologia
In ambito popolare attuale il saltarello ha molte affinità con la tarantella dell'Italia meridionale, entrambe sono delle ampie e diversificate famiglie coreutiche, nelle quali modelli aventi lo stesso nome sono spesso morfologicamente differenti. Ambedue queste famiglie coreutiche presentano generalmente una struttura tipologica, sia musicale che coreutica, modulare: nell'esecuzione musicale piccole cellule melodiche vengono organizzate autonomamente in sintonia fra i suonatori, così come in quella coreutica i ballerini eseguono in stretta relazione fra loro i moduli cinetici tradizionali variamente organizzati. Suonatori e ballerini compongono cioè con relativa soggettività la durata e l'ordine del fraseggio coreo-melodico, cercando solo una corrispondenza ritmica fra danza e musica, ed una corrispondenza tematica nella danza".
[Tratto dal libretto che accompagna il compact disc "La saltarella dell'Alta Sabina" (a cura di G. M. Gala), collana "Ethnica", Firenze, ed. Taranta, 1993].

La maggior parte dei modelli osservati nella tradizione è costituita da balli in coppia, prevalentemente mista, ma in Abruzzo e nel Molise è possibile anche danzare in coppia dello stesso sesso. In alcune aree delle Marche e dell'Umbria le parti di cui si compone il saltarello sono "comandate" dall'esecuzione musicale. Vi sono saltarelli dalla forma semplice e monostrutturata ed altri composti di più figure coreografiche. Una volta alcuni esempi prevedevano l'uso del fazzoletto come oggetto di connessione fra i ballerini, oggi questo modo è caduto pressoché in disuso. Ormai lo strumento di gran lunga più dominante nell'esecuzione dei saltarelli è l'organetto, i cui centri di fabbricazione si trovano proprio nell'area interessata (Marche e Abruzzo). Nelle Marche prevale il saltarello cantato, in Abruzzo più quello strumentale.

In Abruzzo e nelle terre un tempo abruzzesi (passate dal 1927 al Lazio) il saltarello viene detto al femminile saltarella, per analogia con molte altre danze presenti nel vecchio Regno delle Due Sicilie (tarantella, ballarella, zumparella, ecc.). Esistono vari sottogeneri di saltarella abruzzese: si conservano rare forme di saltarelle in cerchio (ballo tondo) oppure a due o più coppie di ballerini.

Insomma, il nome non tragga in inganno, il saltarello è un raggruppamento di danze spesso parecchio diversificate tra loro.

Tentativi di reinnesto
Da alcuni anni è in atto un processo di maggior sensibilizzazione sul valore del patrimonio tradizionale locale, con conseguente tendenza a recuperare modelli, forme espressive e saperi provenienti dagli anziani. Anche in alcune aree delle regioni centrali si tenta il reinnesto dei vecchi balli; tale operazione però quasi mai è gestita dalla comunità locale in seguito a presa di coscienza, dibattito interno e ricucitura di pratiche dismesse sotto la guida degli anziani ballerini. Più spesso sono associazioni giovanili, Pro Loco, gruppi folkloristici o singoli operatori che, con scarsa competenza etnocoreologica, introducono invenzioni di linguaggi corporei spacciate per originali. Ne consegue un'omologazione di forme su modelli dominanti, stili impropri e norme comportamentali totalmente rinnovate; tutte trasformazioni legittime che denotano una volontà di difendere un'identità locale contro la crescente globalizzazione mediatica, ma che in realtà spingono a nuove mode uniformanti e ad un consumismo di balli altrui. Il risultato di tale processo è che le specificità locali continuano a scomparire o ad essere sostituite da approssimazioni, e gli agenti delle scelte coreutiche non sono realmente le comunità locali. 

Testi di G. M. Gala © 1999

© TARANTA 2003

(Tutti i diritti sono riservati - È assolutamente vietato riprodurre su altre pagine web o su opere a stampa i presenti testi senza autorizzazione scritta dell'autore e dell'Ass. Cult. Taranta)

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