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Tricarico: 
investimento sulla tradizione

Storia


Tricarico è un comune di 5.920 abitanti della provincia di Matera, posto a 698 mt s.l.m. Nota come città arabo-normanna, possiede uno dei centri storici medioevali più importanti e meglio conservati della Basilicata. All'interno dell'attuale perimetro della città sono presenti testimonianze archeologiche datate al VI-V secolo a.C. (ritrovamenti nel rione dei Cappuccini, presso il cinquecentesco monastero di Santa Maria delle Grazie) ma la le prime notizie documentate sulla presenza di un abitato risalgono all'epoca dei longobardi, con la presenza di una cittadella fortificata attestata nell'849[5]. Fu in seguito, tra il IX ed il X sec., roccaforte araba e successivamente città fortificata (kastron) bizantina. In seguito fu contea della famiglia normanna dei Sanseverino e sede di comestabilia (comando militare).

Dal X secolo è sede dell'omonima diocesi. Nel XV secolo vide la presenza di una consistente comunità ebraica e, nel XVI secolo di una comunità albanese, in concomitanza della presenza, alla guida del feudo, di Erina (o Irina) Castriota Scanderbeg, moglie del principe Pietro Antonio Sanseverino e nipote dell'eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg. La sua importanza nel XVII secolo è testimoniata dalla menzione, unica città lucana, nella raccolta di stampe e vedute del Theatrum urbium praecipuarum mundi di G. Braun e F. Hogemberg, pubblicata a Colonia tra il 1572 e il 1618. Innumerevoli sono le emergenze architettoniche religiose e civili presenti nella città, il cui centro storico, composto dai quartieri Civita, Saracena, Ràbata, Monte e Piano, si sviluppa in un perfetto schema "a fuso", tipico delle città medioevali realizzate sui colli. Le strade e vicoli del centro storico sono caratterizzati da un diverso andamento a seconda che ci si trovi nei quartieri arabi della Ràbata e della Saracena (a struttura labirintica, con strade principali, "sh?ri?" in arabo, da cui si dipartono strade secondarie, "darb", che spesso si concludono in vicoli ciechi "zuq?q") o nei quartieri normanni del Monte e del Piano (a pianta regolare, con strade principali parallele unite perpendicolarmente da vicoli per lo più gradinati ed a forte pendenza). Sono presenti diverse aree archeologiche. [Testo dell'Avv. Rocco Stasi, a cui vanno i nostri ringraziamenti - Wikipedia]

Tradizioni
Per gli appassionati di musica popolare il nome di Tricarico richiama subito la notorietà del gruppo de "I tarantolati di Tricarico", formazione di musica progressiva e di contaminazione, come si direbbe oggi, che faceva sin dal 1977 della musica popolare materana un radicale riadattamento per mediare con i gusti giovanili dell'epoca: abbondanza e persino esasperazione della componente ritmica, riferimento al tarantismo che solo in pochi allora fiutavano come apporto di grande spessore magico-simbolico e, infine, il coraggio di proporre repertori di una regione nota solo agli etnomusicologi e ai demologi. 
Per letterati, storici e cultori di questione meridionale il nome di Tricarico si lega allo scrittore e poeta Rocco Scotellaro. Negli ultimi anni Tricarico sta emergendo per gli etnofili (appassionati di folklore e per turisti di eventi etnici) per le belle maschere del suo carnevale.

Maschere del carnevale tricaricense. 
«... Le maschere più note ed oggi più rappresentate del carnevale di Tricarico sono quelle che in altri carnevali affini si distinguono come "belli" o "buoni", le "mascaras limpias" della Sardegna: sono i personaggi positivi nel dualismo dei valori esistenziali rappresentato in molti carnevali europei. Si tratta di abbigliamenti trionfali e maestosi della gente comune, che fa della policromia il suo carattere più peculiare; cappello fiorato, manto composto da decine di nastri multicolori e scarponi con gambali, panciotti rossi pluridecorati, calzettoni e brache bianche o nere di lana denotano anche residui di divisa militaresca di alto rango. Ma in loco la simbologia accereditata affidata alla rappresentatività dei personaggi è quella pastorale: le maschere chiare sono chiamate "vacche" e quelle scure "tori". [...] Ma il ritmo ossessivo dei grandi campanacci, oltre a narrare memorie e vicende della transumanza, si collegano all'altra importante funzione carnevalesca di rappresentare il ritorno ciclico della vita nella natura attraverso l'esplosione dei colori, l'estrema vitalità e dinamicità delle maschere e il frastuono cadenzato dei metalli pastorali...» 
[Testo di G. M. Gala, tratto da una relazione in fase di pubblicazione - © 2010]

Cara Ninella, Ninuzza, Ninà!
Ma a Tricarico è tutto un popolo ad essere cosciente e legato alle proprie tradizioni: la cucina, le ritualità religiosa, le questue carnevalesche con cubba cubba, le serenate serali, i tanti gruppi musicali giovanili che sorgono spontanei e si tengono sempre in relazione agli anziani, di cui ascoltano consigli e indicazioni, ecc. rappresentano un ricco patrimonio su cui investire per il futuro. La scelta di attivare una serie di appuntamenti estivi di Estadanza ha anche la funzione di ripristinare altre forme come il ballo locale e l'uso dell'organetto.

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