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AMATRICE: DALLA TERRA VITA E MORTE

Il disastro sismico e la sfida culturale delle comunità colpite.

di Pino Gala

Alcune decine di secondi di tremore della terra bastano a trasformare la vita di umani, animali e cose in un paesaggio di morte e distruzione. Nell’Italia perennemente sismica, che da sempre ricuce le ferite delle proprie aree colpite e che ancora, reticente, non ha appreso la lezione della prevenzione che le moderne tecniche architettoniche permettono, ogni terremoto è un disastro apocalittico. Ogni volta si spera che non tocchi a noi, ma proviamo immenso dolore e attestata sincera solidarietà verso i disgraziati che la sorte cieca sceglie di volta in volta. Restano nel profondo della cultura italiana tracce di magia, fatalismo, rassegnazione e sfida con la natura che poco ci distinguono dai nostri antenati del Medioevo. E sempre scatta la validità del feroce proverbio latino “Mors tua, vita mea”: dalla distruzione e dalla prostrazione nascono per i sopravvissuti occasioni di lavoro e andamento positivo delle economie disastrate. La logica del “meglio l’uovo oggi” è dura da morire soprattutto nella politica di casa nostra, così ogni volta vanno in fumo miliardi, vite umane e persino culture locali. Ancora un profondo cambio di mentalità “preventrice” non genera un piano nazionale di messa in sicurezza del patrimonio artistico e edilizio in genere, che pur prevedendo ingenti costi oggi, fa risparmiare nel tempo e soprattutto limiterebbe la fragilità del sistema architettonico prevalentemente antico.

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